Cari lettori

Cari lettori
Ho voluto mettere in linea questo sito sulla Campagnia di Russia in ricordo di tutti i Caduti di quei tragici giorni. Ho voluto così ricordare mio fratello Orlando disperso nell’ansa del Cappello Frigio nel dicembre 1943. Ho voluto continuare quella “lotta” che mio padre Carmelo portò avanti per tanti anni, ritrovare le Sue spoglie oppure qualche informazione al riguardo.
Ho voluto dare “VOCE” a quei ragazzi che non ci sono più. Ho voluto dare “VOCE” ai tanti superstiti di quella sciagurata Campagna.
Ho voluto, e voglio ricordare a tutti, i tanti atti di eroismo che si sono consumati in quella steppa gelata.
So che è un lavoro “gigantesco” ma con l’aiuto di tanti reduci, di tanti famigliari che hanno perso i loro Cari forse non sarà molto difficile. A chi mi chiede come fai rispondo sempre allo stesso modo….” Non sono io che scrivo…ma sono Loro che mi aiutano….”
E questo sito, queste pagine sono dedicati a Loro……. A Loro che non dimentichiamo, perché Loro da Lassù ci guardano e ci mandano un messaggio…..”NON DIMENTICATECI”
NO,  noi non dimentichiamo.  ONORE A VOI !!!!!!!

Edoardo Spampinato

 

 

LETTERE DAL DON

Le lettere raccolte da «La Voce del popolo» e scritte dall’«immensa Russia», così la definiva Amelia Gallinelli di Erbanno in attesa del marito, ci restituiscono un esercito di dispersi con nomi e cognomi, identità individuali dotate di una propria esperienza, di un proprio racconto della guerra vissuta: voci distinte in un coro che le accomuna.

Generalmente le comunicazioni inviate a casa tendono a dare rassicurazioni sullo stato di salute. Il 2 gennaio 1943 Basilio Lancetti, originario di Bione, rasserena così la madre: «Non pensare male che fino che ho forza combatterò per essere in pace dopo». A questo proposito Enrico Castellini scrive ai genitori: «Oggi essendo il primo giorno dell’anno mi reco a voi con queste misere parole. Solo a dirvi che abbenche essendo in queste lontane terre presso l’ansa del don, ora l’anno l’abbiamo incominciato abbastanza bene, come pure ne spero che ne sara anche di voi».

Ricevere missive per i soldati al fronte è la prova di non esser dimenticati. Così il 4 gennaio 1943, sempre Enrico Castellini: «Carissimi Genitori non potete voi comprendere la gioia e il conforto mi fu per me nel ricevere un vostro lungo scritto, anzi due lettere». Il 30 novembre 1942 Giovanni Baiguera prende in mano la penna e rivolgendosi al figlio Francesco lo ringrazia della cartolina inviatagli. Su «quella tua cartolina [h]o visto un bel cavallo e tu con il tuo cuore e il tuo desiderio mi [h]ai detto che ti figuravi che quel bel cavallo ti dovesse portar qui dove mi trovo io per poter con le tue braccia e la tua bocchina dar a me un bacio ma il tuo desiderio fu invano come tutti gli altri, pero Francesco verrà quel giorno che mi darai un bacio che da tempo io lo aspetto con il mio cuore».

Ricevere pacchi aiuta a sopravvivere. Le richieste non veicolano solo il vitale bisogno di pane, di vestiario caldo, oltre dell’immancabile tabacco, ma anche richieste di piccoli oggetti e di alimenti tipici. «Vi sento dire – annota il soldato Castellini – che il pachetto non potete spedirmelo e appena potete me lo spedite, e se non potete non statevi a preoccupare troppo che mi faceva di bisogno era la carta di scrivere e le lamette. […] oggi stiamo bene e in questi giorni abbiamo portato la vittoria e i russi anno preso tante e tante di quelle legnate che se ne accorgeranno cosa vuol dire attaccare coi Alpini italiani».

Ecco quindi il 7 dicembre 1942 la richiesta di Francesco Bellandi ai genitori: «oggi mi e giunta la vostra let[te]ra che avete spedito il giorno 20. Sento che non ricevete posta che sono dieci giorni spero che riceverete le altre let[te]re e sentirete quello che vi [h]o detto, per la posta starete qualche giorni senza ricevere posta […] non dovete pensare male […] siamo al sicuro. […] Il giorno cinque o ricevuto il pacco delle sigarette che cera dentro i quindici pachetti di sigarette e due pachi di carte e una scatola di noci e le scatole di cerini […] Genitori, quando mi scrivete fatemi sapere quanto avete spenduto della roba di panni e anche del pacco delle sigarette». Così il 4 gennaio 1943 Carlo Inverardi alla madre: «Ricevetti la tua cara lettera e t’immagini la gioia che provo nel leggere e rileggere queste belle frasi che parlano appunto della Madonna e del Signore, il mio Dio che mi ha sempre accompagnato tanto in guerra come in pace, sebbene che tante volte mi rendo ingrato al suo cospetto però spero che sarà buono ancora come come lo è sempre stato fino ora».

 

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